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Nicola Ghirardelli, Perla Sardella, Lorenzo Montinaro,
E ci fa dispetto il tempo
25/06/22 – 17/07/22
E CI FA DISPETTO IL TEMPO
Nicola Ghirardelli, Perla Sardella, Lorenzo Montinaro


a cura di Elena Castiglia

 

Tigri estinte, ville romane intrappolate in epoche stratificate, esseri mitologici che ricorrono nel contemporaneo, un inventario di memorie nascoste che rivivono nei racconti della scrittrice tedesca Judith Schalansky. Per lei il mondo si fa immenso archivio di sé stesso, autocelebrandosi nel tentativo disperato di imparare attraverso ciò che è rimasto. Un archivio che, se scoperto da qualche essere futuro, potrebbe essere indecifrabile ma è parte improrogabile della natura umana la necessità di lasciare traccia del proprio passaggio e agire su quelle del passato.


Se come sostiene Marc Augé in Rovine e macerie, “l’arte come le rovine è un invito a sentire il tempo”, alcuni artisti e artiste privilegiano come materiale di ricerca quegli elementi che testimoniano il loro rapporto con il concetto di scomparsa, nelle sue svariate declinazioni.
Così la mostra “E ci fa dispetto il tempo” si struttura su opere come appunti, fermo immagine di un processo creativo che lavora sul tempo. Il titolo si ispira ad un verso della poesia Solitudine di Mihai Eminescu e sostituendo il pronome mi con ci, abbraccia una comune riflessione degli artisti coinvolti per aprire a uno sguardo collettivo.

Perla Sardella (1991), Nicola Ghirardelli (1994) e Lorenzo Montinaro (1997) costruiscono una dimensione in cui sono raccolte storie ed elementi non più presenti, come a farne un inventario. Il percorso riflette accordi e scontri tra visioni intime e rivolte all’altro, con tecniche e ispirazioni differenti che dialogano adattandosi a uno spazio che è già portatore di storie.
La serie Se non bruciamo come si illuminerà la notte di Nicola Ghirardelli si sviluppa in parte sospesa nello spazio e attende di essere attraversata. Nuove forme nascono da un’ibridazione di elementi naturali e arcaici, che si sviluppano nello spazio espandendolo. Il suo lavoro guarda a riferimenti del passato, mitologie dimenticate che rimangono a volte inconsapevolmente nella percezione visiva collettiva. Le strutture scultoree uniscono tecniche perdute, come quella etrusca della creazione del bucchero, a materiali cangianti con morfologie evocative.

Un rimando alle grottesche romaniche, più volte reinterpretate nella storia dell’architettura occidentale a partire dal rinascimento, costituisce un’ispirazione per queste nuove composizioni che hanno sapore mitologico: calchi di forme naturali unite a raffigurazioni antropomorfe.  Questi nuovi conglomerati di miti si specchiano nell’opera Lapidi di Lorenzo Montinaro, un racconto del proprio rapporto con la vita e la morte attraverso aforismi visivi. Il taglio degli elementi specchi- anti in opalina, descrive una sorta di albero genealogico che guarda alle persone scomparse sue antenate, mentre le candele nell’opera C’eri racchiudono le preghiere di persone mai incontrate dall’artis- ta, rimaste metaforicamente racchiuse in quegli elementi comuni.

Lapidi come C’eri sono elementi preesistenti recuperati, che attraverso l’intervento dell’artista assumono nuovi significati. Messaggi sparsi del passato dell’artista si disseminano nello spazio creando una sorta di mappa intima che può essere completata da tutti e tutte. Sono gli sguardi di persone sconosciute a testimoniare momenti passati nel lavoro Please Rewind di Perla Sardella, una serie di fermo immagine che l’artista imprime in una temporalità sospesa e infinita. La video installazione nasce da una residenza alla quale ha preso parte l’artista nel 2017 presso l’archivio della videoteca Mondo Kim di New York, e poi ospitata a Salemi in Sicilia fino a quest’anno.

Sardella è entrata in contatto con le originali videocassette della collezione che racconta non essere mai state riavvolte dall’ultima persona che le ha guardate, nonostante la richiesta “be kind please rewind” apposta su ognuna di queste. Testimonianze involontarie che lasciano tracce ai posteri, aprono alla curiosità verso delle immagini che estrapolate dal loro contesto filmico raccontano altro, diventano portatrici di messaggi non immediata- mente decifrabili, come elementi privilegiato di un’archeologia mediale.